di Giorgio Ponziano
«Il movimento 5stelle? Un franchising». Ne è convinto un grillino storico, il consigliere comunale ravennate nonchè voce autorevole dei grillini emiliani, Pietro Vandini, che tenta una difficile mediazione tra Beppe Grillo e Giovanni Favia («non caccio nessuno», ha scritto ieri Grillo sul suo blog, «ma Favia non ha più la mia fiducia»), però il guru potrebbe non apprezzare il parallelo con le grandi catene commerciali. «Il movimento è come un franchising», spiega Vandini, «ma si tratta del progetto politico oggi migliore: dobbiamo risolvere i problemi».
Ovvero la singolare proposta che arriva del 5stellino con responsabilità politico-amministrative è che si ufficializzi la faccenda del franchising, si metta fine alle polemiche e si vada avanti, anche perché le elezioni incombono e va tesaurizzato in parlamento quel consenso che almeno finora il movimento era riuscito a conquistare.
Non è uno scherzo. È tutto vero. Il franchising entra nella politica e la strategia che tenta di salvare capra e cavoli nel momento più difficile del fenomeno-Grillo ha in fondo una sua logica e il consigliere ravennate la spiega nei particolari: «Il movimento 5stelle non è un partito ma qualcosa che funziona sulle regole della rete e del marketing. Per fare cosa? Per «vendere» sul territorio delle brave persone e delle buone idee che, si spera, possano fare meglio della classe politica che ci ha governato sino ad ora (destra, sinistra e centro). Come in un franchising. Nel negozio che gestisci con un determinato nome, sei libero di fare quello che vuoi ma a patto che rispetti le poche regole contrattuali relative a quel prodotto. Tu ti occupi del tuo negozio, dei tuoi clienti localmente e qualcuno più in alto si occupa della pubblicità, della promozione e della tutela legale di tutti i negozi che usano quel marchio. È quanto avviene da noi».
Che ne pensa Beppe Grillo ? Se i suoi supporter politici saranno votati, avremo allora anche una parte del parlamento in franchising? «Non so come saranno scelti i candidati al parlamento», afferma Vandini, «non mi compete, guardate sul blog. Lì trovate quello che attualmente è il programma, che prima o poi verrà completato. Non sappiamo bene come e non sappiamo nemmeno come verranno scelti i candidati, probabilmente mandando foto e curriculum al blog in modo da farli votare in rete. Per il momento è così, attendiamo input da Beppe e Casaleggio».
Insomma gli ideatori della politica in franchising dovrebbero finalmente dettare le regole. Altrimenti chissà quanti altri casi-Favia si verificheranno. Lo stesso Vandini che dà un colpo al cerchio (Grillo) e uno alla botte (Favia) confessa di essere «confuso e con un «senso di impotenza» perchè quotidianamente cerco di far capire alla gente che il movimento deve essere votato e seguito poichè è l'unica alternativa, ma tutto questo si scontra con l'incapacità di dare spiegazioni o rassicurazioni su quello che sarà a livello nazionale».
Per Grillo l'assolutista (in tandem con Gianroberto Casaleggio) sarà difficile continuare a rifiutare il dibattito interno dopo che la deflagrazione del fuorionda di Favia ha sbriciolato il coperchio. Anche perché nella roccaforte del movimento, l'Emilia-Romagna, è un terremoto quello che sta avvenendo con Casaleggio nel mirino e Grillo bersagliato dalla domanda: da che parte stai?
Il grillino Vandini sintetizza questo malcontento premettendo che «questa mia analisi non è assolutamente una bocciatura o un tentativo di cacciare Beppe o altre sciocchezze simili che sento dire purtroppo spesso» per poi mettere in guardia gli yes men: «tutti quelli che davanti a queste perplessità ci accusano di arrivismo, frondismo, poltronismo e quant'altro non riescono a comprendere che questa è una richiesta di dialogo per far crescere questo splendido progetto? E se sì, hanno la volontà di discuterne o preferiscono sparare letame su «quei pazzi dell'Emilia Romagna»? Attendo risposte».
Ma da Ravenna il virus-Favia si è già propagato in fretta a Forlì dove Raffaella Pirini, consigliere comunale 5stelle, reclama il congresso: «Ci vuole un congresso per confrontarci sulle regole del movimento. Non un congresso come quello dei partiti tradizionali ma un incontro tra attivisti, eletti, Grillo e Casaleggio, in cui si chiariscono alcuni punti chiave per il presente e il futuro politico dei 5stelle, semplici richieste di democrazia interna».
Pirini ha messo il suo video con questa richiesta su Youtube ricevendo centinaia di adesioni, nessun dubbio sul fatto che oggi Grillo sarebbe in minoranza se rimanesse chiuso nella sua torre d'avorio: «Ci ha messo l'anima e il cuore. I suoi spettacoli sono stati il megafono per la voce dei cittadini», aggiunge la Pirini. «Ma ora le regole devono cominciare ad essere discusse con attivisti e cittadini. Di fronte a noi ci sono le elezioni per il parlamento, non siamo più agli albori del movimento».
Le fa eco una che ha subìto le ire del duo Grillo-Casaleggio, la consigliera comunale ex-5stelle («ma aspetto ancora la lettera ufficiale dell'espulsione con le motivazioni, che francamente non conosco») di Modena, Sandra Poppi: «democrazia interna? che non c'è e non ci sarà lo si capisce dal fatto che il logo è proprietà privata di Grillo. Ogni tanto salta fuori che il simbolo è usato male: ma male a discrezione di chi? È possibile una cosa del genere in un movimento che si pone come nuovo e nascente dal basso? È chiaro cosa vuole Casaleggio: nessuna struttura, tutto deve essere nelle sue mani. E in quelle di Grillo».
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